Campaiola | GIUSEPPE CAPOGROSSI | DALLA FIGURA AL SEGNO | SOLO SHOW
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GIUSEPPE CAPOGROSSI | DALLA FIGURA AL SEGNO | SOLO SHOW

GIUSEPPE CAPOGROSSI | DALLA FIGURA AL SEGNO | SOLO SHOW

Giuseppe Capogrossi

Dalla Figura al <Segno>

a cura di

Francesca Romana Morelli

Caratterizzato da un temperamento saturnino, Giuseppe Capogrossi ha sempre occultato se stesso e il proprio pensiero dietro immagini pittoriche di natura concettuale, come lui stesso ha voluto chiarire (1967): « Ho sempre pensato che lo spazio è una realtà interna alla nostra coscienza, e mi sono proposto di definirlo. Al principio ho usato immagini naturali, paragoni o affinità derivate dal mondo visibile; poi ho cercato di esprimere direttamente il senso dello spazio che era dentro di me e che realizzavo compiendo gli atti di ogni giorno». Nel periodo figurativo i soggetti, seppure prelevati dalla sua vita ordinaria, sembrano vivere, dissociati, sul “palcoscenico” di un’unica visione frontale, che sia un barcone del fiume o un teatrino di campagna o un angolo del suo atelier, con tanto di attori, maschere dalle fattezze umane, travestimenti, attrezzi di scena. Nel 1949 giunge a concepire il “segno” ancora più iconico, enigmatico.

Il progetto espositivo intende ricostruire l’itinerario  artistico di Capogrossi attraverso una quindicina di opere che vanno dal periodo tonale degli anni trenta, alla serie delle ballerine del decennio successivo attraverso cui avviene la genesi del suo segno informale, che si muove all’interno sempre di un piano bidimensionale (<superficie>). All’inizio il segno è concepito in una scarna tessitura in bianco e nero, poi sfida lo spazio e il vuoto, si muove e si dispone seguendo ritmi musicali o meccanici, che rimandano a scoperte molecolari del tempo. Infine il segno che diventa icona di se stesso.